L’ICT non è roba da donne? Un convegno a ingegneria sull’impiego femminile nelle nuove tecnologie, attraverso la voce di sei scienziate

09 Novembre 2018
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Il 9 novembre alla Scuola di Ingegneria un convegno organizzato dal Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Ateneo Pisano ha affrontato il delicato problema del gap di genere nell’ ICT, uno dei settori di impiego che, in tutta Europa, annovera meno presenza femminile. L’Italia si colloca tra i fanalini di coda nel Vecchio Continente, con solo il 14% delle donne impiegate secondo i dati di Eurostat, e con un trend in calo dal 2006.

“L’intento principale del convegno – affermano le organizzatrici Lucia Pallottino e Sabrina Greco, professoresse rispettivamente di robotica e telecomunicazioni – è contribuire a promuovere un cambiamento nella percezione collettiva, perché è ancora troppo radicata la convinzione che a uomini e donne siano attribuibili ruoli e attitudini diverse e ben precise, e che scienza e tecnologie non siano “roba per donne”. Ad oggi solo un terzo delle ragazze in Italia si iscrive a studi scientifici, e molte donne abbandonano la carriera per problemi legati al ruolo sociale e alla famiglia. Su questo la parità è ancora molto lontana”.

 

 

 

Di fronte a un pubblico composto da studenti universitari, ma anche da tanti ragazze e ragazzi delle scuole superiori, in procinto di scegliere il proprio percorso di studi, sei scienziate che lavorano in campi che l’immaginario più diffuso intende ancora come tipicamente “maschili”, dal radar e telecomunicazioni fino alla robotica e all’informatica, hanno raccontato in cosa consiste il  proprio lavoro di ricerca, ma anche come riescono a conciliarlo con il ruolo sociale associato al loro genere.

 

 “Il cambiamento di immaginario è un passo fondamentale – commentano Greco e Pallottino - Ma questo non basta. Percentuali di impiego così basse indicano anche l’esistenza di questioni sociali e di ruolo che è necessario affrontare.”  

 

 

Secondo un sondaggio del Los Angeles Times, molte donne che scelgono le materie ICT si laureano con voti molto alti, e nei primi anni registrano ottimi risultati sul posto lavoro, ma con il passare del tempo la metà afferma di essere stata trattata con atteggiamento ostile o umiliante ed incoraggiata a spostare il proprio focus su mansioni di supporto, meno prestigiose, con meno possibilità di carriera e con una retribuzione più bassa. 

 

“è necessario ora dotarsi degli strumenti per risolvere il problema – commenta Giuseppe Anastasi, direttore del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione -nel settore ICT ci sono molti posti di lavoro che non vengono coperti. Secondo uno studio realizzato dalla Commissione Europea, il PIL europeo registrerebbe un incremento di circa 9 miliardi di euro l'anno se avessimo una percentuale femminile nel comparto digitale pari a quella maschile. Le aziende con più donne ai posti di comando sono più redditizie del 35% e assicurano utili incrementati rispetto ad altre imprese dello stesso tipo. Occorre quindi abbandonare gli stereotipi, dando visibilità alle donne che lavorano attivamente digitale”.